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UN TRENO PER NABLUS

Viaggio verso destinazione ignota

Di

Oscar Santilli Marcheggiani

Foto di copertina

Il treno Damasco-Medina fermo alla stazione di Ma’an, in prossimità di Petra, attorno al 1915 (Fonte: Library of Congress)

Prima edizione ebook: 2016

Copyright ©2016 Polaris

ISBN 9788860591913

Casa Editrice Polaris

www.polariseditore.it

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Sommario

Nota dell’autore

Prefazione

Quell’estate del ‘98 ovvero com’è che non divenni un uomo d’affari russo

L’ospite invisibile

Ritorno a Smoky Mountains

40 anni dallo sbarco sulla Luna

Lucy’s baby

Grossi guai a Costantinopoli

Colui che mantenne il bene

Nichilismo tra Apollo e Dioniso, la salvezza è nella sensibilità

Il cacciatore

L’importanza della lingua

Udo il grande

Oltre le cataratte del Nilo

La beffa che salvò mio padre dalla Russia

L’incredibile storia di John DeLorean

Pinochet: Pol Pot o Cincinnato?

Mexican Hat

Sivota Bay

Mani di fata

1944: ritorno a casa

La Cina e il pensiero forte

T-62 dall’URSS con amore

Lotteria a San Pietro in Vincoli

Ivo Jima mon amour

Il popolo, le donne, la democrazia e altre mistificazioni

Natura morta

Post prandium aut stabis aut lento pede deambulabis

La donna che visse tre volte

Metti una sera a cena

Istria 65 anni dopo

Tressette col morto a Varosha

Kibbutz Baram

Un giorno a Nablus

Appendice: Bentornati in Palestina!

BIBLIOGRAFIA

Nota dell’autore

Mi sono spesso chiesto perché io abbia intitolato questo libro “Un treno per Nablus”. Effettivamente Nablus, che ho visitata alcuni anni fa e da cui ho preso spunto per uno dei racconti, ha un ruolo importante nel libro. Poiché la tesi è che le storie più sono vere più sono assurde, ebbene Nablus rappresenta – almeno nel mio limitato universo – una sorta di epicentro delle assurdità umane. Ma perché “Un treno per Nablus?”. Una risposta possibile è: chi si sognerebbe mai di andare in treno a Nablus? O forse l’ispirazione del titolo mi è venuta dal mitico film western “Quel treno per Yuma” che vidi da ragazzo e mi rimase per sempre impresso nella memoria. Chi lo sa. Naturalmente era indispensabile che nessun treno effettivamente andasse in quella città della Palestina, parendomi per qualche ragione che poterci andare in treno banalizzasse il mio titolo. Ho rovistato a lungo sul web su questo argomento e il risultato è stato che no, assolutamente nessuna linea ferroviaria esiste per Nablus e ciò mi ha molto rassicurato.

Senonché lo scorso gennaio mi trovavo a Gerusalemme e una sera, dopo aver cenato in un ristorantino mica male con i miei amici Davide e Cecilia, tornando a piedi verso il mio albergo siamo passati davanti alla vecchia stazione ferroviaria costruita dagli Ottomani nel 1892 per collegare Gerusalemme a Jaffa. Naturalmente è stata dismessa, e oggi è un tripudio di bar e ristoranti assai frequentati. Orbene dovete sapere che il mio amico Davide è un pozzo di scienza, ma non un pozzo di scienza qualunque. Non c’è argomento di storia che lui non abbia approfondito al livello di poterci scrivere ad occhi chiusi un trattato. Il fatto è che lui ama studiare più di qualsiasi altra cosa, e continuerebbe anche di notte se potesse evitare di dormire. L’ho nominato mio maestro, e non vorrei che lui abbia accettato solo per magnanimità o condiscendenza considerandomi un allievo con una certa refrattarietà ad approfondire sul serio le cose. Io ci provo, ma stargli dietro è veramente difficile. Insomma, per farla breve, passando davanti alla stazione ferroviaria di Gerusalemme mi venne in mente di sciogliere finalmente il mio dubbio. È dunque mai esistito, chiesi al mio maestro, un treno che portasse a Nablus? Quando Davide si sente rivolgere una domanda del genere, anzi qualsiasi domanda, la sua risposta non può essere troppo diretta né tantomeno superficiale. Ci volle quindi un’adeguata premessa per inquadrare il periodo storico attorno al 1900 in cui l’Impero Ottomano, malato d’Europa e signore del medio oriente, intraprese la costruzione di una linea ferroviaria a scartamento ridotto che andasse da Damasco alla Mecca. Ebbene gli Ottomani, da tutti tacciati di essere corrotti e inefficienti, furono capaci di costruire e far funzionare la bellezza di oltre 1.300 km di ferrovia su un difficile tracciato in soli 7 anni, infrastrutture comprese. È vero che furono finanziati dagli alleati tedeschi che misero l’Ing. Messmer, mago delle ferrovie, a dirigere i lavori. Siccome i soldi a un certo punto finirono, la ferrovia venne accorciata di 400 km e arrivò a Medina anziché alla Mecca, tuttavia fu una notevole impresa. Ma la ferrovia passava da Nablus? chiesi io. Nossignori, rispose Davide, la linea ferroviaria tirava diritto verso sud passando da Amman, ma la Palestina venne collegata con una diramazione che partiva dalla città di Der’a in Siria e si sdoppiava in due ulteriori rami all'altezza della città di Afula, nell’attuale distretto nord di Israele. Un ramo portava a San Giovanni d’Acri passando da Haifa, l’altro a Nablus. Il progetto prevedeva che da Nablus la ferrovia proseguisse verso sud, passando per Beersheba e puntando sul canale di Suez attraverso il Sinai. Fu lo stesso Ing. Messmer a studiare il tracciato e a iniziare i lavori nel 1914. Con lo scoppio della guerra la ferrovia aveva assunto un chiaro scopo strategico: portare l’esercito turco in Egitto e scacciarne gli Inglesi. Ma gli Inglesi finalmente si svegliarono nel 1917, cosa di cui Lawrence d’Arabia si attribuì un merito non suo, passarono al contrattacco e i lavori vennero sospesi. E che fine ha fatto la ferrovia di Nablus? incalzai. Ci furono molti danni durante la prima guerra mondiale. Le potenze subentranti nel primo dopoguerra, Francia in Siria e Libano, Inghilterra nei restanti territori, non avevano interesse a rimettere in sesto i collegamenti che continuarono a funzionare solo su alcune tratte. Il colpo di grazia lo diede la guerra del 1948. Da allora Nablus non ha più alcun collegamento ferroviario.

Aaahhh! Ce l’ho fatta. Che “Un treno per Nablus” sia. E “Un treno per Nablus” fu!

Milano, ottobre 2016

Prefazione

Una curiosa sensazione si è andata consolidando in me da quando ho cominciato a scrivere, a mano a mano che i racconti prendevano forma. Ho la sensazione, anzi la certezza, che lo scrittore non inventi nulla, le storie esistono già, come dimenticate in un misterioso scaffale dove lo scrittore deve andare a cercarle. Ricordate il racconto di Jorge Luis Borges “La Biblioteca di Babele”? Borges descrive una biblioteca spazialmente infinita composta di sale esagonali, che raccoglie disordinatamente tutti i possibili libri “in cui si susseguono sequenze di caratteri senza ordine, in tutte le possibili combinazioni. Poiché i caratteri possono, per casualità, comporre frasi di senso compiuto, nella biblioteca esistono tutti i possibili libri, la storia minuziosa dell'avvenire, le autobiografie degli arcangeli, il catalogo fedele della Biblioteca, migliaia e migliaia di cataloghi falsi, la dimostrazione della falsità di questi cataloghi, la dimostrazione della falsità del catalogo autentico, la traduzione di ogni libro in tutte le lingue, le interpolazioni di ogni libro in tutti i libri”. Lo scrittore che traversasse in una direzione qualsiasi la labirintica Biblioteca di Babele alla ricerca di una storia che dia corpo ai vaghi fantasmi che si agitano in lui, constaterebbe alla fine dei secoli non solo che la storia esiste, ma che di quella storia è presente anche ogni possibile variante. Poiché l’ordine con cui le diverse varianti si presentano è casuale, tra le migliaia di versioni possibili quella che l’autore arraffa non sarà quasi mai la versione ultima e perfetta, ne esisterà sempre una migliore in qualche altro scaffale. Avete presente Manzoni alle prese con i Promessi Sposi? Lui si incaponì, non smise mai di cercare nella Biblioteca. Naturalmente le leggi probabilistiche fanno sì che le storie che si trovano d’acchito nella Biblioteca di Babele non siano proprio le migliori, il che spiega la qualità di molte di quelle che vediamo pubblicate in giro. D’altra parte, come vi spieghereste mai che un illustre sconosciuto possa tirare fuori all’improvviso un romanzo bellissimo, un grande capolavoro? Nell’infinita biblioteca, puoi anche avere un gran colpo di... come lo chiamereste voi? La prova diretta e indiretta di ciò è che, per quanto questi fortunati si arrabattino, le opere successive non saranno mai al livello della prima. Io ho cercato un bel po’, tant’è che ho cominciato a scrivere dopo i sessanta. Alla fine, dopo avere tanto cercato, mi sono messo ad arraffare come capitava, chissà se sono stato bravo, se ho avuto fortuna. In questo libro le storie sono presentate nello stesso ordine in cui io le ho trovate, l’ultima si svolge a Nablus, e così l’ho chiamato “Un treno per Nablus”. Nella realtà non c’è nessun treno che porti a Nablus. Che significhi qualcosa? Invece la Biblioteca di Babele esiste eccome.

* * * * *

Perché racconti, chiederete. In fondo tra tutte le storie di questa raccolta c’è un unico “filo rosso” che le collega, c’era materiale per un libro. Ma non sarebbe stata la stessa cosa. Scrivere un racconto è come correre i 100 metri: tutto si risolve in dieci secondi. Un libro è una maratona, tutta un’altra storia. Avete presente Linus? Lui dipingeva i suoi quadri in aria perché – spiegava – così aveva infinite possibilità espressive, non c’erano vincoli alla creatività. Per me il racconto è come un quadro di Linus, ti dà gradi di libertà che un libro non ti consentirebbe mai. Scatto, rincorsa e finale condensati in uno spazio brevissimo permettono un’efficacia espressiva impossibile nel romanzo. Se volete vederla in un altro modo, è la differenza tra l’azione di un commando di paracadutisti e lo sbarco in Normandia. Questo è il racconto. Almeno, così la penso io. Al lettore l’ardua sentenza.